208 anni sono passati dall’ultimo capitolo delle battaglie napoleoniche, quando il 18 giugno 1815 le truppe di Napoleone Bonaparte vennero definitivamente sconfitte dalle truppe anglo-prussiane nell’iconica battaglia di Waterloo. Quello che forse in molti credono sia stato solo l’ultimo capitolo di un romanzo, fu certamente e soprattutto uno scontro violento all’ultimo sangue, dove non si scontrarono solo le menti strategiche di un Bonaparte o di un Wellington, ma specialmente le baionette e le palle di cannone che causarono all’incirca 50.000 tra morti e feriti in tutto lo schieramento. E questa corazza ne è la prova.
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Sono le 15:00 del pomeriggio e la battaglia pare rimanere in stallo. Da poco la famosa carica britannica della prima e seconda brigata è stata costretta a ripiegare dopo l’infruttuoso assalto e dopo essere stata sconfitta dai lanceri a cavallo della guardia imperiale. Napoleone ha già ricevuto una missiva del generale Grouchy in cui lo avvisa che non arriverà sul campo di battaglia prima del giorno successivo, ma ciò non lo demorde e vuole a tutti i costi sconfiggere gli inglesi prima che le truppe prussiane giungano sul suo fianco destro.
Un secondo assalto contro gli inglesi viene effettuato sotto il comando dell’avventato Ney, lo stesso che poche ore più tardi ne effettuerà un altro senza il consenso dell’imperatore poiché persuaso che Wellington fosse sul punto di ritirarsi, schiantandosi però contro i famosi quadrati che accentueranno la sconfitta finale. In questo caso però, la carica viene effettuata contro una delle due roccaforti presiedute dal nemico, la Haye Sainte, dove i soldati della King’s German Legion stanno affrontando una strenua resistenza contro i francesi. È forse in questo particolare e concitato momento che il carabiniere Fauveau troverà la morte.
I carabinieri napoleonici facevano parte della cavalleria pesante che costituiva il corpo di riserva della grande armee. Solitamente selezionati tra gli uomini più alti e robusti, come nel caso dei loro colleghi corazzieri, i carabinieri indossavano delle corazze dorate e degli elmi dello stesso colore che ne accentuavano la grandezza. Questo, unito all’utilizzo di cavalli ben robusti e di altrettanta statuta, divenivano non solo una forte unità militare, ma soprattutto un’arma psicologica che incuteva al nemico terrore prima ancora che giungessero contro di loro. Immaginatevi dei cavalli che al garrese raggiungevano il metro e sessanta, sovrastati da cavalieri alti anche il metro e novanta ed accentuati da uniformi ancora più imponenti; quattro metri circa d’impotenza poteva fare un certo effetto ad un semplice fante armato di moschetto.
Nonostante questi presupposti, la cavalleria francese non riuscì ad avere la meglio contro un esercito che furbamente si era posto appena dietro la punta dell’altura di Mont-Saint-Jean, ottima per attutire gli assalti ed i colpi d’artiglieria francesi. Ed è proprio da quell’altura che una palla di cannone britannica colpi il nostro Fauveau.
Le bocche di cannone britanniche, che si aggiravano tra i sei ed i nove libbre, riuscirono efficacemente a contrastare la controparte francese, quest’ultima maestra nel settore dell’artiglieria ma limitata per via dei molti cannoni perduti tra i campi impantanati della campagna belga. Nel caso del carabiniere François-Antoine Fauveau, a rigor di logica sotto il comando del generale Kellermann, venne letteralmente trapassato da una palla di cannone che come si può ben immaginare gli lasciò ben poche speranze di vita. La violenza di tale arma dimostrò quanto tali armature fossero semplicemente utilizzate a scopo estetico e psicologico, incapaci anche di resistere ad una semplice palla di moschetto.
Un altro evento simile accadde nel 1870 durante la guerra Franco-prussiana, quando a Prerians il tenente colonnello dei corazzieri Archambault venne colpito mortalmente da un colpo a mitraglia. In ogni caso, se siete interessati alla tragica fine del carabiniere Fauveau e se avete modo, la sua corazza è esposta presso il musée de l’Armée di Parigi.
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