E’ da diversi giorni che sul web vi è un improvviso stracciarsi le vesti verso una notizia che, invece, improvvisa non è: l’approvazione, in Consiglio dei ministri, del decreto-legge del 26 febbraio 2024 contenente il famigerato articolo n.43 riguardante l’interoperabilità delle certificazioni sanitarie digitali, e il conseguente rifinanziamento estensivo della piattaforma del Green Pass che in molti credevano ormai morto e sepolto.
Perché tale notizia non mi è giunta inaspettata?
Cercherò di spiegarmi nel modo più semplice possibile, anche se non sarà facile in quanto, per rimediare al fatto che qualcuno in rete si sia accorto del fattaccio, hanno ingarbugliato talmente la matassa da far diventare il tutto un vero e proprio pasticcio, o meglio ancora un “pasticciaccio” degno delle migliori commedie all’italiana.
Ma vi dirò di più: a mio parere, il rifinanziamento del Green Pass andrà comunque in porto, anche a discapito delle proteste e delle levate di scudi di questi ultimi giorni, che poi sono i primi dell’iter che tale decreto-legge dovrà seguire.
Vi spiego il perché.
Partiamo allora dal presupposto: il decreto-legge è intitolato “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”.
L’articolo 43 è inserito nel capitolo “Disposizioni urgenti in materia di investimenti del Ministero della Salute”.
L’art. 43, appunto, del DL 2 marzo 2024, n.19, esplicita che “la piattaforma Digital Green Certificate” verrà finanziata ILLIMITATAMENTE per 1,85 milioni di Euro annui (salvo il 2024 dove l’onere è di 3,85 milioni).
La norma, in pratica, cristallizza la piattaforma che emette, rilascia e verifica le certificazioni sanitarie nell’ordinamento e garantisce idoneo finanziamento a carico dello Stato per il suo funzionamento.
Il decreto-legge dovrà essere poi esaminato dal Parlamento per l’eventuale conversione (60 giorni di tempo).
Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto, il Ministro Schillaci si è premurato di dichiarare. “A seguito dell’approvazione in Consiglio dei Ministri del decreto-legge del 26 febbraio, ritengo utile precisare che il Governo non ha alcuna intenzione di aderire al cosiddetto Green Pass Globale’ dell’OMS”.
Un lettore poco attento può pensare che i partiti al governo abbiano ancora tempo per rimediare.
E invece no.
Il testo è già in Gazzetta Ufficiale, e quindi quelle norme sono ad oggi effettive, noi stiamo già effettivamente rifinanziando la piattaforma del Green pass, senza possibilità di ripensamento.
E da dove arrivano i fondi per stabilizzare la piattaforma Green Pass?
Dalla riduzione del fondo del Ministero della Salute che indennizza i danneggiati da vaccinazione anti SARS-CoV-2 raccomandata dall’autorità sanitaria italiana.
Per essere più chiaro possibile, vi spiego come nasce un decreto legge.
L’iter del decreto legislativo prevede tre passaggi: una deliberazione del Consiglio dei Ministri, un decreto presidenziale di emanazione, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Concentriamoci sulla riunione del Consiglio dei Ministri che ha deliberato: il decreto, in principio, è semplicemente una bozza che viene presentata e poi analizzata da tutti i ministeri, in particolar modo dai ministeri interessati.
Inoltre, tale bozza, deve avere una copertura finanziaria, senza la quale interrompe immediatamente il suo iter, e anche una opportunità politica, quindi un ulteriore passaggio in commissione dove ci sono dei degli uffici legali appositi che ne controllano il tutto.
Quindi è impensabile che un Ministero così importante come quello della Sanità, che è stato affidato perdippiù ad un tecnico esterno alla maggioranza di governo, si sia fatto sfuggire una simile sorveglianza politica ed economica. Qui abbiamo un passaggio di soldi, molti milioni di euro, che transitano dal Ministero della Sanità e si dirigono verso quello dell’economia.
Possibile che ministri, e uffici collegati, non si siano accorti di nulla?
Se così fosse, sarebbe da fare un repulisti degli impiegati preposti, ma soprattutto di ministri e vice.
Da tenere presente quel che ho già detto: se nessuno sul web si fosse accorto di quell’articolo, il tutto sarebbe passato in cavalleria, a dispetto, come si suol dire, delle intenzionalità politiche della maggioranza stessa.
Ma è davvero così?
Nel programma elettorale del partito di riferimento (Fratelli d’Italia) del premier, (Giorgia Meloni) possiamo leggere quel fermo NO a qualsiasi obbligo vaccinale e alla reintroduzione del Green Pass sbandierato in campagna elettorale, o è stata solo propaganda anche quella?
Intendiamoci, la propaganda è un punto fondamentale di qualsiasi competizione politica, ma oggi se ne fa un uso esagerato e, certe volte, resta fine a se stessa.
Ritornando al punto, su tale programma possiamo leggere: “È tempo che la sanità pubblica torni ad occuparsi del benessere del cittadino nella sua totalità, offrendo soluzioni di prossimità, in tempi ragionevoli, e di qualità. Bisogna superare l’emergenza pandemica, avendo ben chiara l’importanza della sanità per la nostra Nazione, attraverso una nuova visione di benessere che derivi dalla prevenzione, da un efficiente sistema di cura territoriale e dall’attenzione a tutte le malattie”.
Inoltre: “Nessuna reintroduzione del Green Pass e possibilità di screening negli ambienti a rischio, a tutela dei soggetti fragili”.
Bene. Parrebbe non esserci dubbi.
Ma al lettore più accorto, che poi dovrebbe anche essere un elettore più responsabile, non può sfuggire un capitoletto che cita: “…rafforzamento della medicina predittiva con un meccanismo di premialità nell’accesso al sistema sanitario per chi segue un regolare e concordato percorso di monitoraggio dello stato di salute”
La medicina predittiva e sociale si rivolge alle persone sane o senza malattie evidenti (ricordate i cosiddetti “asintomatici”?), ed è una disciplina che ha come obiettivo la tutela della salute dell’individuo e della collettività (ritorna il tema sui diritti inviolabili dell’individuo rispetto alla società in cui vive).
Un tema molto vasto, anche di discussione a livello sociale, che inserito così genericamente in un programma elettorale desta parecchi dubbi.
Se a questo aggiungiamo quella citazione sul “meccanismo di premialità nell’accesso al sistema sanitario”, che sa tanto di “Sistema di Credito Sociale”, i dubbi aumentano.
In questo campo delle libertà individuali e dei diritti naturali dell’uomo, diritti che trovano la loro legittimazione NON nel fatto di essere riconosciuti e accettati da un governo che li concede, ma nel fatto di essere costitutivi della natura stessa dell’uomo, non devono esserci mai dubbi, di alcun tipo!
Ecco perché la notizia del rifinanziamento della piattaforma Digital Green Certificate non mi ha destato alcuna sorpresa. Se si voleva sopprimere, lo si faceva e basta.
Invece viene deliberato il rifinanziamento e, una volta scoperti, viene inscenata una pantomima atta a far credere che, forse, è stato tutto frutto di disattenzione. Ma non è così.
Come vi ho descritto, è stata un’operazione portata avanti con tanta meticolosità, si parla di milioni di euro, che non possono essere sfuggiti a tutti i protagonisti.
Se anche riuscissero a ridiscutere il tutto, adesso si dice che verrà riscritto l’articolo in modo tale da mantenerlo allineato con gli obiettivi del PNR, però eliminando tutta la parte appunto relativa alla piattaforma Green, la piattaforma resterebbe comunque in piedi, come lo è stata fino ad oggi, con intervento al limite di spesa, e risorse umane e finanziarie previste dalla legislazione vigente.
Sembra, invece, che la strategia usata sia la stessa perseguita per le sanzioni ai non vaccinati ultra cinquantenni: rinviate e mai soppresse. Rimane un tavolo apparecchiato per chi vorrà servirsene in futuro.
A parte il Green Pass, il discorso da intavolare, oggi e non domani, è sul fatto se questa piattaforma serve, quali controlli sono necessari per renderla sicura, e perché le si deve per forza affiancare la tessera sanitaria.
Bisogna stabilirne il perimetro e chiarire le ragioni della sua esistenza.
Inoltre, bisogna iniziare a discutere del rapporto della nostra democrazia con i nostri dati individuali e il meccanismo di sorveglianza.
Perché il “dato” è a tutti gli effetti un’estensione della persona, deve essere presidiato a livello normativo, deve avere delle garanzie che lo tutelino quanto la persona stessa.
Altro punto che deve essere messo a discussione è l’accessibilità a questi dati: tutti i dati disponibili devono essere accessibili?
Dobbiamo tutti capire l’importanza dei dati, qualunque dato. Nel momento stesso che “datifichiamo” qualcosa di noi stessi, quella cosa ci viene tolta e non è più soggetta al nostro controllo.
Di questo dovrebbe occuparsi una scienza giuridica che rispecchi i tempi che stiamo percorrendo, ma anche due discipline come la filosofia e la politica dovrebbero intervenire, forse anche prima che intervenga la scienza giuridica stessa.
Ce la faremo?
Ho paura di no, e non perché io sia un pessimista.
Però se penso che in materia, ad oggi abbiamo una commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria che risale ad una legge del 1976, quando ancora non esistevano i computer, ecco, come faccio ad essere ottimista?
P.S: desidero ringraziare Boni Castellane e il Dott. Barbieri perché senza il loro PodcaStellane su Terra Ostile questo articolo avrebbe avuto molte lacune
A che punto stiamo con l’Agenda
Vorrei fare il punto sull’Agenda 2030 partendo da lontano, per meglio farvi comprendere come ogni notizia che ci offre la stampa, anche la più banale, […]