Barbier-Dufaï: il vorace duellante
Barbier-Dufaï: il vorace duellante

Barbier-Dufaï: il vorace duellante

Con l’arrivo dei Goti nei vecchi confini del decaduto impero romano, l’uso del duello divenne una costante cavalleresca della storia d’Europa fino a non molto tempo fa. Dagli scontri tra cavalieri nel medioevo alle risoluzioni al primo sangue tra scrittori e poeti italiani di inizio novecento, il mito del cappa e spada ha dominato la letteratura e ravvivato le leggende del vecchio continente, spopolando persino nel cinema d’oltreoceano.



Non ci meravigliamo dunque quando incontriamo personaggi che sembrano usciti da romanzi macché invece hanno vissuto una reale vita in questo mondo. Abbiamo già parlato di Bartolomeo Bertolini, famoso ufficiale che dimostrò la sua audacia e la sua passione per la scherma durante e dopo l’epopea napoleonica. E del resto il personaggio che stiamo per raccontarvi è figlio di quell’epoca bellicosa.

Nel pieno delle guerre napoleoniche infatti non era raro scovare cacciatori di duello tra i brevi periodi di pace. Difatti quando scoppiava un conflitto Napoleone si era preoccupato di emanare leggi che impedissero agli ufficiali di combattere tra di loro nel momento in cui la nazione necessitava di loro vivi e vegeti, ed è un particolare ben visibile nel meraviglioso film di Ridley Scott “I duellanti”. ma quando la pace lo concedeva e i gradi tra i contendenti erano pari, molti ufficiali dell’impero non riuscivano a trattenere il la loro maggiore vocazione, ovvero combattere, e si sfogavano tra un duello con la spada ed un altro con la pistola.

Strano a dirsi però il numero dei duelli aumento vistosamente appena dopo la restaurazione borbonica sul trono di Francia, visto che molti veterani del decaduto imperatore, rimasti senza incarichi e macchiati di bonapartismo, si ritrovarono a dover sfogare il loro desiderio di lotta cercando torti da risanare con la lama tra le vie di Parigi.

Uno di questi personaggi fu per l’appunto il colonnello Barbier-Dufaï, ufficiale a mezza paga che in quel lontano 1823 cercò la sfida con un giovane ufficiale della guardia reale, con cui inizierà una conversazione riproposta sul libro “i duelli mortali del diciannovesimo secolo”, di Jacopo Gelli. Vi lasciamo alla lettura di ciò prima di continuare con l’articolo:

Il colonnello lo avvicina e senza tanti complimenti gli posa la sua scarpa sul piede.

— Ma state dunque attento, signore! esclama tranquillamente il tenente Raoul, continuando la sua strada e chiacchierando con altri colleghi ed amici.

La condotta calma, dignitosa, corretta dell’ufficialetto non collimava proprio coi piani del colonnello Dufaï, che maggiormente irritato, rifà premuroso la strada per lavorare di gomito sul fianco di Raoul.

— Vi ho già pregato di prendere meglio le vostre misure nel camminare; osservò correttamente il giovanotto.

— Cammino a mio modo, io; nè mi preoccupo affatto delle persone che posso pestare, urtare, o spingere; replica risentitamente Dufaï, piantandosi di fronte al tenente Raoul.

— Ma non capisci, esclama uno dei compagni di Raoul, che il signore è alla ricerca di una questione e che ti ha scelto?…

— Buon Dio! Raoul rimanda. Io piombo qui dalla mia provincia e non sapevo che a Parigi, un uomo dell’età di quel signore potesse a sangue freddo insultare il primo venuto….

E il colonnello:

— Non si può essere più ingenui!… Ma non siete voi, bravo giovanotto, che ho voluto insultare, sibbene la coccarda che portate!…

— E perchè oltraggiare un servitore fedele del Re?

Dufaï, il terribile Dufaï, smontato, vinto da tanta urbanità di modi e serietà di parola, stende la mano al giovane Raoul.

— Lasciamola lì: ho commesso una sbadataggine dirigendomi a voi, che non siete venuto qui per attaccar briga, come ho fatto io.

— È vero; io non sono venuto qui in cerca di questioni: ma, dopo tutto, ho trovato quello che non cercavo; e non ho alcuna volontà di lasciarmelo scappare.

— Eh?!… fa il colonnello, meravigliato.

— Già, signore. Voglio battermi con voi; non perchè m’avete pestato un piede e spinto col gomito; ma perchè vi siete attaccato alla coccarda, che mi onoro di portare.

— Vi fate onore di ben poca cosa, caro il mio ragazzo!

— L’insulto ha un limite, che un gentiluomo non deve mai oltrepassare.

— Ah, ma non poso mica da gentiluomo, io? Mi chiamo semplicemente, borghesemente, il colonnello Dufaï…. E voi?

— Raoul X….

Niente, proprio niente tradì l’emozione interna dell’ufficiale nello apprendere il nome del suo avversario, il colonnello Dufaï, il più terribile spadaccino, il peggior attaccabrighe, se non la peggior canaglia dell’epoca.

— Qual’è la vostra arma, signor Raoul?

— Quella che vi piacerà, colonnello; spada, sciabola o pistola.

— Oilà! siete egualmente destro, forte, in tutte queste armi?

— «Forte» non è la parola; sibbene egualmente debole, perchè non le ho maneggiate mai.

— Perdiana! Ma cosa avete fatto durante la vostra gioventù?

— Non è ancor passata la mia gioventù, colonnello: non ho ancora diciott’anni….

— Ma allora, non parliamo più di niente. Io non posso battermi con un fanciullo!

— Sì; ma la natura mi ha dato tanta vigoria da essere più forte di voi.

— Non si tratta di vigore in queste faccende; ci vuole dell’abilità!… Andiamo, andiamo; voi siete un giovanotto di gran cuore; riconosco i miei torti e…. addio!

— No; io voglio una soddisfazione!

— Ma se vi ho presentate le mie scuse, io, il…. colonnello Dufaï! Cosa pretendete di più?

— Voglio una riparazione con le armi.

— Non ci contate.

— Forse che il colonnello Dufaï avrebbe paura?

Il colonnello fa di spalla e accenna ad allontanarsi.

Raoul si fa strada tra gli amici che cercano di calmarlo, e con la mano tocca sul viso il colonnello.

— Se non lo sapete, ve lo dico io: siete un vile!

— Egli ha portato la mano su di me, urla il colonnello imbestialito; disgraziato lui!

Il colonnello pretende una riparazione immediata. Due amici di Raoul corrono da un armaiuolo vicino e tornano con due spade e tutti insieme se ne vanno in una stradicciola che dà sul Louvre. Dufaï e Raoul tolgono gli abiti e si precipitano l’un sull’altro.

Il colonnello disarma l’avversario; questo raccoglie la spada e si ripone in guardia; ma per quattro volte è disarmato.

— Non posso assassinarvi, esclama il colonnello; cerchiamo un altro mezzo!

E propone un duello alla pistola a oltranza; ma non è accettato, perchè impraticabile in una strada.

Che fare? Si ode il rumore di una carrozza; Dufaï si batte la fronte: «Ho trovato!»

— Signori, fermate la vettura e correte dall’armàiuolo per cambiare le spade in due pugnali eguali per tempra e per lunghezza.

— Tu sei vigoroso, Raoul; ti senti il coraggio di attaccarmi di fronte, come mi hai attaccato alle spalle?

— Vi ho attaccato così, per obbligarvi a concedermi il combattimento che m’avevate rifiutato.

— Si tratta di un duello a morte.

— È così, che la intendo anch’io.

— Ebbene; noi monteremo in quella vettura, armati ciascuno di un pugnale. Ci legheranno insieme, lasciandoci libero il solo braccio destro. Chiuderanno poi gli sportelli e a un segnale dato, la carrozza partirà per fare due volte il giro della piazza del Carousel

— Sono pronto; osservò Raoul.

I padrini tacquero, ossequienti, perchè convinti che nulla avrebbe impedito a que’ due uomini di massacrarsi.

Legati e chiusi nella vettura i due avversari, fu comandato: «Marchez!»

La carrozza si pose in moto. Il cocchiere aveva lasciato il posto a due padrini.

Da prima si udì un grido; poi un altro…. e nulla più. Alla fine del secondo giro, i testimoni si precipitano allo sportello. Un profondo silenzio regnava entro la carrozza, ch’era un mare di sangue.

Raoul era morto e Dufaï pareva morente.

Ma guarì, il terribile colonnello, a mezza paga.

Dopo questo avvenimento la fazione realista colse il pretesto per punire il colonnello, già reo di aver causato non pochi problemi con altri due precedenti duelli in sfavore del colonnello de’ Saint-Morys (ucciso) e del generale visconte de Montéléger (ferito gravemente). Accusato di liberalismo venne condannato ad un mese di carcere, venendo arrestato senza alcuna opposizione da parte sua e persino bloccato durante l’interrogatorio con un camice di forza, ponendo il colonnello al limite della tortura. Di questo avvenimento esiste tutt’oggi una raffigurazione denominata “Interrogatoire du colonel Barbier-Dufaï”, presente nella collezione del Louvre che dimostra la cruenta reazione realista nei confronti di un amante del duello e dell’onore.


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