Asimov e Herbert: quando la fantascienza diventa realtà
Asimov e Herbert: quando la fantascienza diventa realtà

Asimov e Herbert: quando la fantascienza diventa realtà

Ho passato la mia adolescenza leggendo Salgari e Verne. Conservo ancora tutti quei volumi avventurosi e affascinanti, e ricordo perfino tutte le illustrazioni che contengono senza doverli sfogliare.
Appena più grandicello, sono passato ad autori più di sostanza, se così si può dire di Edgar Allan Poe, Sir Arthur Conan Doyle, Tolkien, Lewis e Michael Ende. Qualche autore italiano come Oriana Fallaci e Camilleri.
Direi che sono questi gli autori che hanno temprato l’animo dell’uomo che sono oggi, assieme a qualche decina di lezioni di teologia e all’attenta lettura delle biografie di qualche santo.
Ma l’autore che più mi ha affascinato, e mi affascina ancora oggi per le sue opere e il suo pensiero, è Isaac Asimov.



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Quest’uomo, la cui produzione è stimata intorno ai 500 volumi pubblicati, è stato l’autore di numerosi romanzi e racconti di fantascienza e di volumi di divulgazione scientifica, e non solo.
Ha scritto anche diversi romanzi polizieschi, di fantascienza umoristica e di letteratura per ragazzi.
Il suo primo volume che lessi fu “Fondazione”, contenente la trilogia completa di quella che sarà un’opera ciclopica, il Ciclo delle Fondazioni, che gli regalerà numerosi riconoscimenti come il premio Hugo nel 1966 e il titolo di “padre del genere fantascientifico”.
Scrisse i primi tre volumi della Fondazione tra il 1951 e il 1953 (Fondazione, Fondazione e Impero e Seconda Fondazione), per poi riprendere il racconto nel 1982 con due sequel (L’orlo della fondazione e Fondazione e Terra) e concludere il tutto con due prequel (Preludio alla Fondazione e Fondazione anno zero) scritti nel 1988 e nel 1993.
Una fantascienza, quella di Asimov, molo diversa da quella di Frank Herbert che inizia a scrivere il suo “Dune” proprio in quel periodo (1965), in cui affronta affronta temi complessi e cari allo scrittore come la sopravvivenza umana, l’evoluzione, l’ecologia e la commistione di religione, politica e potere.

Due autori geniali, ma distanti anni luce. L’unico punto in comune è la loro fantascienza: volta a illustrare la loro visione riguardo l’evoluzione sociale dell’uomo, e completamente senza alieni.
Herbert, anche lui narratore di una epopea umana nel futuro, è molto descrittivo dei suoi mondi, con una prosa e una trama potente dove si incontrano e scontrano azione e dramma.
Un racconto che sviluppa 16mila anni di storia in sei volumi.
Bellissimo racconto, ma per me un pò troppo lento e pesante.Mentre il racconto di Asimov è schietto, lineare, e riesce a toccare diversi temi che rendono la sua opera attuale.


Come il suo pensiero, che ha più volte espresso anche in interviste televisive, e che mi ha trovato più volte in disaccordo, rispetto l’Intelligenza Artificiale, argomento attualissimo, e che lui stesso ha collaborato a sviluppare con le se tre “Leggi sulla robotica”.
1. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

Tre leggi che rispettano la necessità di sicurezza (la Prima Legge), servizio (la Seconda Legge) e autoconservazione (la Terza Legge), di questi “utensili sofisticati”, come usava chiamarli.
Asimov era dell’idea che, se una macchina era progettata bene, non poteva presentare alcun rischio, se ovviamente non era utilizzata impropriamente.
Troppo ottimista, a mio parere, visti anche i recenti accadimenti.
QuesteTre Leggi vennero implementate con una quarta legge, la ‘Legge Zero’, così chiamata per mantenere il fatto che una legge con numero più basso soprassedesse a una con numero maggiore.
0. Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l’umanità riceva danno.

Venne enunciata da un personaggio di Asimov, R. Daneel Olivaw (R. sta per Robot), nel romanzo I Robot e l’Impero (1985).
Per chi non ha dimestichezza con i romanzi di Asimov, R. Daneel è il personaggio principale del “Ciclo dei Robot”, e un robot umanoide, androide, fisicamente indistinguibile dall’essere umano, che compare per la prima volta nel romanzo Abissi d’acciaio, ma che sarà l’elemento legante di tutta una serie di romanzi successivi, compresi alcuni episodi del ciclo della Fondazione.
In un certo senso è ciò che lega tutte le serie di romanzi di Asimov tra di loro.
Nei romanzi del “Ciclo dei Robot” è l’assistente investigativo del terrestre Elijah Baley, in Fondazione impersona diversi personaggi tra cui Eto Demerzel, il primo ministro dell’Imperatore della Galassia Cleon I, e il giornalista Chetter Hummin, che darà un aiuto fondamentale a Hari Saldon, personaggio chiave dell’epopea, nella sua ricerca della psicostoria.
Lo stesso Seldon nota che il nome Hummin è una storpiatura di “umano”.
Durante quel periodo R. Daneel ha ormai raggiunto i ventimila anni di età e si sottopone regolarmente a sostituzioni di componenti (compreso il cervello positronico, il cui intero contenuto viene costantemente copiato in cervelli più giovani e più sofisticati.
Infine R. Daneel compare anche nell’ultimo capitolo di Fondazione e Terra, dove enuncia il progetto di fondere la sua mente con quella di un essere umano ermafrodita, per permettergli di sopravvivere ancora e di liberarsi da alcuni vincoli delle tre leggi della robotica.
E’ la legge Zero, ispirata da una frase detta in punto di morte dal suo socio e amico umano Elijah Baley, che impone al robot Daneel di attraversare millenni assieme all’uomo suo creatore, per guidarlo e difenderlo dagli errori e orrori che l’uomo non si esime mai da creare e puntare contro se stesso.
Capite come sia difficile per chiunque raccontare la trama di un racconto che si sviluppa, attraverso singoli racconti, su una dozzina di volumi e in un arco temporale di decine di millenni?
Asimov è riuscito a collegare, con un singolo personaggio, tutti i suoi racconti fantascientifici.


Credo sia per questo motivo che, ad oggi, siano solo tre i film in circolazione ispirati dalle sue opere:
-Nightfall (1988), scritto e diretto da Paul Mayersberg, basato sull’omonimo racconto del 1941 di Isaac Asimov;
-L’uomo bicentenario (1999), diretto da Chris Columbus, basato sull’omonimo racconto di Isaac Asimov e sul suo susseguente romanzo Robot NDR-113;
-Io, robot (2004), diretto da Alex Proyas, liberamente ispirato all’antologia di Asimov “Io, robot”, dove il detective Spooner e il robot Sonny sembrano una libera trasposizione del detective Elijah Baley e di R.Daneel.


Mentre per Dune di Herbert sono state proposte più versioni cinematografiche (splendida quella di David Lynch del 1984 con Max von Sydow e Sting).
Nel 2021 è uscita la prima parte di quella che, a detta del regista Denis Villeneuve, sarà una trilogia di fil sulla’epopea di Dune: due film (il primo, appunto, già uscito) basati sul primo romanzo e un terzo basato sul seguente (Il Messia di Dune).
Nel 2000 e successivamente nel 2003, sono state anche proposte al pubblico televisivo due stagioni di una miniserie (“Dune,Il destino dell’universo” diretta da John Harrison e “I figli di Dune”, diretta da Greg Yaitanes e ) ispirati ai romanzi di Herbert.


Per quanto riguarda invece “Fondazione” di Asimov, esiste un progetto, a detta dallo stesso produttore, che prevede 10 stagioni, 80 episodi, per un totale di 80 ore di film.
La prima stagione, prodotta da David S. Goyer per Apple TV+, è uscita a Settembre 2021. La seconda ha debuttato il 14 Luglio 2023.
Per gli amanti, come me, della saga di Asimov, è stato un pò un colpo al cuore vedere, nella serie televisiva, i personaggi, compresi quelli principali, cambiati in modo considerevole.
Anche la trama viene brutalmente stravolta.
Per esempio, nel racconto di Asimov, Hari Seldon è vissuto fino a tarda età, nella serie invece, Hari viene brutalmente ucciso per ragioni ancora non molto chiare.
Con la Regia di Jennifer Phang, Rupert Sanders, e un cast d’eccezione con nomi come Jared Harris, Lee Pace, Laura Birn e Terrence Mann, la serie televisiva è comunque uno sforzo notevole e da rispettare; da seguire non avendo la trama e i contenuti dei volumi di Asimov come riferimento.

Rimane la mia critica: quel “liberamente ispirata” al Ciclo letterario delle Fondazioni di Isaac Asimov è, a mio parere, fin troppo liberamente ispirata.
Nella serie televisiva resta tuttavia il contenuto del pensiero di Asimov, che è spaventosamente in linea con i nostri peggiori incubi, evocando tra l’altro anche desideri e aspettative della nostra modernità.
Basti pensare che la maggior parte dei suoi racconti, descrivono un futuro che per noi è già passato.
Dai cloni dell’Imperatore originale, che si succedono il comando dell’impero così da mantenere intatto un sistema intoccabile, a Hari Seldon, possiamo trovare dei riferimenti alla nostra storia, recente e passata, che è costellata di personaggi più o meno influenti che hanno radicalmente trasformato il mondo in positivo e negativo.
Asimov ha una visione tecno-ottimista del futuro dell’uomo perché, da ateo, credeva fortemente nel transumanesimo per “aumentare” le capacità umane.
Argomento più che attuale, visto che oggi si parla sempre più spesso di impianti di microchip, per qualsiasi funzione e uso, di protesi meccaniche e intelligenza artificiale.
Quello di trasformarci in cyborg e raggiungere l’eternità è il sogno di ogni scienziato, come quello di trasformare l’uomo in creatore di se stesso (il filosofico concetto di oltreuomo o superuomo) da Hitler ai nostri giorni, non ha mai cessato di esistere, e sta, purtroppo, prendendo il sopravvento nella nostra società odierna.


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