I valori dell’occidente – La Pace
I valori dell’occidente – La Pace

I valori dell’occidente – La Pace



Nel precedente articolo, ho rimarcato come Democrazia e Libertà siano state di molto limitate dallo scandire dagli interventi militari statunitensi in mote parti del mondo.
Eppure c’è ancora qualcuno che insiste a indicare la Pace come un valore imprescindibile delle cosiddette “Democrazie Occidentali”, arrivando a sottolineare immaginifici “settant’anni di pace” donati dalla Unione Europea.
A me, che ho sempre pensato che “Pace” non volesse solo dire il tacere dei cannoni, risulta difficile immaginare come si possa definirla “semplice assenza di esplosioni sotto casa propria”.



Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, più di un conflitto ha viste coinvolte, direttamente o indirettamente, le cosiddette Democrazie Occidentali a guida USA:
Guerra arabo-israeliana: 1948-1949
Guerra di Corea: 1950-1953
Guerra del Vietnam: 1964-1973
Guerra dei Sei Giorni: 5 giugno 1967 – 10 giugno 1967
Guerra del Kippur: 6 ottobre – 24 ottobre 1973
Guerra Iran-Iraq: 1980-1989
Guerra delle Falklands: 2 aprile 1982 – 14 giugno 1982
Guerra del Golfo: 1990-1991
Guerre jugoslave: 1992-1995
Seconda guerra del Golfo: 20 Marzo – 1 Maggio 2003

Ognuna di queste guerre ha al centro della politica estera degli stati occidentali, il nobile proposito della diffusione della democrazia, (l’esportazione della quale è stato il motto degli ultimi presidenti statunitensi), proposito molto più nobile della semplice espansione dell’egemonia americana, forse il loro reale intento.
Basterebbe questo elenco per dissipare ogni dubbio sulla effettiva valenza della pace come “valore da difendere”.
Però, a partire dal 2003, e cioè dal termine della Seconda Guerra del Golfo, c’è stato un cambio di strategia che avvalora ancora di più questa tesi.
Gli Stati Uniti si sono repentinamente trasformati da “gendarmi” a “guide occulte” del mondo, passando da operazioni militari condotte in prima persona, ad operazioni del tipo stay-behind.
Questa trasformazione consiste nella riduzione delle forze militari convenzionali sostituite da forze speciali ed agenti dell’Intelligence. Anche le Compagnie Militari Private hanno un ruolo maggiore nella nuova grande strategia.
Il risultato è un mix di Rivoluzioni Colorate, guerre non convenzionali ed operazioni dei mercenari – basate in ogni caso sul coinvolgimento per procura degli alleati regionali – per evitare l’uso diretto delle truppe.
Tutto ciò si traduce nella promozione della politica americana, sempre tesa alla propria espansione egemonica, attraverso l’uso di metodi obliqui, e quindi nella negazione (relativamente credibile) del proprio coinvolgimento.


Esplodono, quindi, negli ultimi anni, alcune cruenti rivoluzioni colorate in molte parti del mondo.
Alcune si risolvono con un successo, altre, invece, non raggiungendo gli scopi prefissati (di solito la deposizione del governante non gradito) hanno degli strascichi fino ai giorni nostri.
Strascichi lasciati a maturare e che potrebbero essere utilizzati in un secondo tempo per riprendere la partita momentaneamente sospesa.

Le rivoluzioni colorate coronate da successo si sono avute in:
Georgia (rivoluzione delle rose, 2003);
Ucraina (rivoluzione arancione, dicembre 2004 e gennaio 2005),
Kirghizistan (rivoluzione dei tulipani, 2005).

Quelle che non hanno raggiunto l’effetto sperato sono:
Azerbaigian (2005);
Bielorussia (2005);
Mongolia (2005);
La rivoluzione del Cedro in Libano (2005);
La rivoluzione blu in Kuwait (2005);
La rivoluzione zafferano in Birmania (2007);
Birmania (2007)
Il movimento Verde in Iran (2009).

E non possiamo dimenticare le Primavere Arabe, con il coinvolgimento diretto, in alcuni casi, di singoli stati del mondo occidentale:

I paesi maggiormente coinvolti dalle sommosse furono:
L’Egitto (2011, concluso con le dimissioni del presidente Hosny Mubarak)
La Siria (2011, conflitto non ancora concluso)
la Libia !2011, concluso con la destituzione e l’uccisione del leader Muʿammar Gheddafi);
la Tunisia (2014 concluso con la destituzione del presidente tunisino Ben Ali),
lo Yemen (2011, conflitto non ancora concluso)
l’Algeria (2010 – 2012)
l’Iraq (2011, proteste contro la corruzione e il malgoverno del primo ministro Al Maliki)
il Bahrein (2011 – 2014)
la Giordania (2011 – 2014)
il Gibuti (2011)
mentre ci sono stati moti minori in Mauritania, in Arabia Saudita, in Oman, in Sudan, in Somalia, in Marocco e in Kuwait


Ad affermare con più forza che la Pace non è un valore che le cosiddette “Democrazie Occidentali” possono sbandierare sotto il naso di alcuno, è il ruolo che il dipartimento di Stato americano ha avuto in ognuna di queste guerre e in ognuno de sommovimenti atti a rovesciare governi stranieri non graditi alle amministrazioni che si sono alternate negli anni.
Facciamo un esempio concreto e recente:
gli Stati Uniti hanno finanziato, dal 2012 al 2016, la fondazione Open Society Foundation di George Soros, con 5 milioni di dollari per dare vita al progetto “La Società Civile”, con lo scopo di promuovere la “costruzione di democrazie attive e tolleranti, dove i governi rispondono ai loro cittadini”.
Ma tali fondi sono stati utilizzati per finanziare attivisti politici estremi, e in alcuni casi violenti, nel tentativo di marginalizzare i moderati.
E’ stato direttamente lui ad annunciare, il 23 gennaio 2020 al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, quello che ha definito “il progetto più importante della mia vita”: lo stanziamento di 1 miliardo di dollari per la creazione della Open Society Foundation.
Lui steso ad ammettere, in una famosa intervista del 2014 a Fareed Zakaria della CNN, mentre era in corso la rivoluzione arancione in Ucraina: “Ho una fondazione in Ucraina da prima che l’Ucraina diventasse indipendente dalla Russia. Questa fondazione è sempre stata in attività e ha giocato un importante ruolo negli eventi di oggi”.
E’ cosa nota a tutti che la maggior parte delle rivoluzioni colorate scoppiate contro i governi legittimi di diversi paesi del mondo sono state organizzate dai servizi segreti e dai poteri occulti, appoggiati dalle ONG e finanziate dallo stesso Soros, eminenza grigia del globalismo liberale.



Come amava dire Giovanni Paolo II, “La pace richiede quattro condizioni essenziali: verità, giustizia, amore e libertà.”
Finché anche una sola di queste condizioni resterà in mano a personaggi come Soros e ad associazioni come quella da lui promossa, la Pace resterà un’utopia ipocrita con cui i soloni delle Democrazie Occidentali continueranno a riempirsi la bocca e a dare aria ai polmoni, e non solo.



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *