Più che un Santo un Iscariota
Più che un Santo un Iscariota

Più che un Santo un Iscariota

Di Napolitano ricordo l’altera figura che incarnava l’idea stessa di europa, questa europa, fatta di tecnocrati dediti al massacro di un intera civiltà succube del moloch statunitense, e ricordo la totale dedizione a tramutare le direttive degli yankee in obblighi morali da asseverare ad ogni costo. Mater semper certa est, pater numquam dicevano i nostri avi – coloro che edificarono un’Impero a cui gli USA vorrebbero tanto rifarsi mancando tuttavia persino dell’Idea stessa di civiltà – dunque la madre è sempre certa il padre meno e a proposito del caro presidente emerito possiamo dire che ebbe diverse… Patrie. Non è un offesa o un appunto alla famiglia dello stesso, mi si perdoni l’esuberanza metaforica, epperò un dato incontestabile che il nostro non abbia mai avuto un buon rapporto con l’Italia; magari per non incappare in certo campanilismo nostrano oppure per antipatia personale, chi lo sa. Non è un dramma in un paese che serve gli interessi altrui, prestando i propri politici a ricevere le massime onorificenze da paesi che ne premiano la fedeltà nel disattendere i bisogni della patria di origine; si sa, oggigiorno l’adozione tira molto più che la generazione.



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Napolitano servì prima gli URSS militando in un partito che sognava la trasformazione sovietica della Repubblica, poi per successive beghe interne, nasando l’aria di cambiamento, decise di accoccolarsi ai piedi che presero a calci i sogni bolscevichi  dunque riscoprendosi europeista convinto, giacché poteva sognare ciò che la realtà ebbe modo di disfare sotto i suoi occhi: la realizzazione in terra dell’utopia leninista del Unione delle Repubbliche Statunitensi d’Oltremare, la nostra cara UE se si potessero chiamare le cose con il loro giusto nome.

Onestamente non mi interessa approfondire la sua militanza comunista, se fosse o meno esponente della destra del PCI, più o meno intransigente rispetto ad Amendola o a Berlinguer; sono discussioni prive di valore in quanto la storia di suddetto partito dal dopoguerra in avanti è stata quella di un movimento riformista (per nulla rivoluzionario, in totale rispetto alla forma istituzionale) un assetto deciso e perseguito insieme agli altri partiti formanti l’arco costituzionale che licenziò la costituzione e in ossequio a tale accordi si riservò un posto d’onore nella formazione universitaria e scolastica del paese, avocando a sé l’imperio sulla cultura Italica da allora e per sempre impegnata a propugnare una visione ideologica che seppur in parte mutata mantenne il totalitarismo di base. Materialismo storico e dialettico e prassi comune nel sospingere il paese verso il progresso tecno-industriale esasperato ed esasperante che subiamo, un sovvertimento della Tradizione ed un esasperante proletarizzazione che ha infine generato una borghesia ancor più avida e parassitante, pronta a svendersi per l’iper-capitalismo spersonalizzante.

Purtroppo le sole critiche giunte a Napolitano son quelle dei compagni delusi che continuano a gridare al tradimento fin da prima che il PCI cambiasse forma, sono talmente avvezzi a tale vezzeggiativo che l’hanno lanciato così tanto da aver esaurito i compagni da apostrofare in siffatta maniera, ma non fa nulla perché per loro ci sarà sempre qualcuno da colpevolizzare pur di giustificare le capriole del partito, invero finalmente ricongiunto con il liberismo da cui tanto cercò di prendere le distanze. Tutti i maggiori gruppi comunisti o socialisti in Europa servono fedelmente il sistema liberista, ma ovviamente sono tutti “traditori”. Napolitano cercò forse di unire tutti i gruppetti di ispirazione sinistrorsa prima del tempo, prima che Berlinguer mutasse il corso dei compagni in convinti europeisti, ma di aver tradito la causa non lo si può certo incolpare essendo già membro di un partito istituzionale e riformista.

L’Americano, lo chiamavano per canzonarlo, e poi quasi tutti sono finiti a fare gli imboscati a Bruxelles godendo della posizione che la sua carica concesse loro. Perché a dispetto di quanto pensano la maggior parte degli Italiani la carica di Presidente della repubblica è molto importante, in quanto permette alla commissione europea  di avere nella figura del capo dello stato il più convinto e fermo degli europeisti, che mai tradirà la causa e permetterà all’Italia di esprimere un governo capace di fare non solo i propri interessi, ma anche di quelli dell’Europa che descrivevo a inizio scritto. E Napolitano seppe interpretare tale ruolo al meglio, specie quando cospirò con la commissione per liquidare Berlusconi (loro dicono salvare il paese) consegnandoci in mano all’esecutore materiale della commissione, quel Mario Monti anch’egli così vicino agli americani, per scherzo del destino. Sempre Napolitano impedì lo scioglimento delle camere e il voto anticipato per consentire tale iniziativa, senza curarsi dell’attacco finanziario condotto ai danni del paese, senza denunciarlo, anzi, incoraggiandolo. Definirlo un servitore della patria non è sbagliato, basta capire a quale patria ci si riferisce.

Napolitano che nonostante fosse duro d’orecchi in gioventù – sapete le difficoltà a sentire il rumore dei carri a Budapest – ci vedeva benissimo, seppe reinventarsi socialista europeo soltanto perché pareva demodé definirsi in altro modo dopo i fasti d’Occhetto, e dalla massima carica istituzionale, da lassù, quella volta sentì bene il rumore degli aerei che partivano in direzione Libia per portarci la più gigantesca crisi migratoria della nostra storia, sempre a servizio della patria ovviamente. Il primo comunista capo dello stato – nel nostro paese primizia fa’ rima con mestizia – e a quanto pare il presidente più amato dopo Pertini – sapete, il preferito perché giocò a carte con Bearzot dopo il trionfo ai mondiali –  addirittura la Stampa ci tiene a ricordare che pure Napolitano era in carica durante un’altra impresa Mondiale, così, giusto per aggiungerci una lettura quasi escatologica.

E allora giustamente ci saranno funerali di stato per lui e tutti giù a lacrimar dai condotti perché la sua figura non è così polarizzante come quella di Berlusconi, lui merita un posto nel mausoleo, che dico, direttamente sotto all’altare della patria. Ci dicono loro quando bisogna rendere omaggio e a chi renderlo, addirittura scrivendoci una nuova genesi per farcelo passare per quello buono. Re Giorgio  era un altro vecchio soprannome ma ritengo sia sbagliato definirlo così, la definizione di  presidente calza più a pennello, presidente della repubblica più autoindulgente nei confronti di chi gli reca maggior danno. Perché Giorgio Napolitano lo voglio ricordare così, senza coccodrilli strappalacrime, senza mitizzarlo, semplicemente come uno dei tanti che seppe servire meravigliosamente bene gli interessi della sua patria, che non fù Italia. Perché a definirlo un servitore dell’ostello più bello d’Europa, parafrasando un suo predecessore, “IO NON CI STO!”


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